La Storia della mafia – Libro di Leonardo Sciascia

La Storia della mafia

Libro di Leonardo Sciascia

La nostra recensione

Quando la mafia si imborghesisce (e ci vuole poco con le ricchezze che muoveva e muove) poi sforna avvocati, medici, imprenditori, professionisti. Insomma, quelli che si chiamano colletti bianchi. Cambia la forma del mafioso ma la sostanza rimane sempre quella.

9788867590018g_110_200_0La Storia della Mafia, 1972, Leonardo Sciascia descriveva così il cambiamento della mafia, una variazione sinistra e tremendamente attuale dell’adagio gattopardesco del è necessario che tutto cambi perché tutto rimanga com’è. La questione della trattativa stato-criminalità organizzata è di oggi e lungi dall’essere risolta, eppure quelle parole suonano quanto mai profetiche, in particolare se si pensa a come la Mafia abbia potuto addentrarsi nel tessuto profondo della società civile e da lì controllare punti vitali del paese. Sciascia da studioso, (l’amico Vilardo parlerà di uno sguardo da entomologo) si sofferma a definire il nome stesso dell’organizzazione, Mafia. Perché questo nome? Perché non ci si accontenta, come molti lamentano, di definire un gruppo di rapinatori semplicemente, banditi? Per rispondere a questa domanda Sciascia va nel profondo, cerca le radici, e dagli archivi spunta fuori una relazione, di Don Pietro Ulloa procuratore di Trapani nel 1838, “oscure fratellanze” “sette segrete diconsi partiti”, insieme ad un popolo che le fiancheggia e magistrati che le proteggono. Questa è mafia, l’essenza sta nel suo essere a modo suo “partito”, organo nell’organo, “intermediazione parassitaria (…) tra cittadino e Stato”. “Tutti avete detto che la Mafia insorge nel vuoto dello stato. E invece insorge nel pieno dello Stato!”.

Il libro

“Non c’è impiegato in Sicilia che non sia prostrato al cenno di un prepotente e che non abbia pensato a trarre profitto dal suo ufficio. Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Ci sono in molti paesi delle fratellanze, specie di sette che diconsi partiti, senza riunione, senz’altro legame che quello della dipendenza da un capo… Il popolo è venuto a convenzione coi rei. Come accadono furti escono dei mediatori… Molti alti magistrati coprono queste fratellanze…” Così don Pietro Ulloa, procuratore a Trapani nell’anno di grazia 1838. Un giudizio e un ritratto ancora stimolanti, Sciascia se ne appropria e traccia un profilo, denso e inevitabilmente problematico, della cosiddetta onorata società, in questo scritto per la prima volta in volume.

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